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Installazioni

Carola De Agostini

In-ter-con-nes-siò-ne

BIO Se mi viene chiesto cosa faccio mi piace rispondere “costruisco e trasformo per raccontare storie”. Ho la passione per gli oggetti, per i materiali: trasformarli, smembrarli, riassembrarli, modificarli, unirli…Come disse Bruno Munari “Da cosa nasce cosa”. Questo è divenuto il mio mestiere come attrezzista in teatro, questo è quello che cerco di fare nel mio quotidiano.

IL MIO PROCESSO CREATIVO

Interconnessioni-stanze inteconnesse. E’ partito dalla rifessione semplice di come le case degli altri fossero entrate nella mia e viceversa, utilizzando internet con videochiamate, chiamate, messaggi, foto, video, dad, meeting, lavoro da casa, workshop … in questo anno e mezzo di chiusura. Si sono condivisi ricordi, rifessioni, analisi, giochi, aperitivi, lavoro, cene, opinioni, chiaccherate, conferenze, piattaforme di problematiche dovute al nonlavoro… utilizzando cellulari e computer, “scatole” che entrano nelle “scatole” degli altri.

La mia vita all’ interno di una stanza è diventato il cubo-installazione, il mio monolocale:
le quattro parti diverse di questa casa sono le 4 facce di questo cubo: bagno, cucina, camera da letto e laboratorio. Queste stanze sono interconnesse tra loro da una luce che le illumina singolarmente, come passando da una stanza all’altra, proprio come mi succede quando mi sposto da un angolo all’altro della mia stanza/casa. Colori e oggetti nel cubo rappresentano momenti di vita diversi, quelli che per me rappresentano questi spazi.
In passato avevo già rifettuto sul concetto di casa e stanza. Avevo l’idea di rappresentare le stanze di una casa con un colore e un oggetto che le rappresentassero.
Partendo da questa idea, per questo progetto, ho domandato a una cinquantina di persone con cui ho avuto interconnessioni in questo anno e mezzo di dirmi di pancia quali oggetti e colori per loro rappresentassero la cucina, il bagno, la stanza da letto e il laboratorio/studio (non come lo desiderano o lo hanno).
La rete delle mie interconnessioni, mi ha protetta e nutrita, chi era vicino era più lontano e chi era lontano era più vicino, tutti posti come a uno stesso piano, tutti connessi attraverso la rete internet, lo stesso mezzo di comunicazione, mezzo che però mi ha fatta spesso “prigioniera” del cellulare, della rete. Ecco che nell’installazione gli intrecci di fli di rame che tengono legati gli oggetti disegnati e colorati degli altri, fuori dalla mia “pelle”, dalla mia casa, creano come delle inferiate, leggere ma esistenti, poste alle fnestre (gli occhi). Alla fne siamo rinchiusi nelle nostre “case/pelle”, rinchiusi nella nostra visione personale.
I materiali scelti per rappresentare questo spazio/stanza è il metallo per creare un giuoco di rifessi e rifessioni.
E infne, lo spettatore può decidere di interagire mettendo in moto il cubo che può girare su se stesso oppure no lasciandolo fermo, nulla interagisce con esso e allora tutto resterà fermo.
Il cubo nelle sue 4 facce ha due mascherine, due facce, quale indosserò, quale indosserai ora?