Un altro modo per comunicare, condividere, stare in relazione
Siamo tutti alla ricerca di un modo per comunicare con i nostri simili e proviamo altrettanto spesso la fatica di trovare un modo adeguato per rendere chiari dentro di noi emozioni, stati d’animo, desideri, disaccordi, sintonie, pensieri
Sì chiari anche dentro di noi: sto pensando a quei dialoghi che intratteniamo nel mondo interiore, siamo tanti dentro. Ma anche a stati di cui veramente sappiamo poco e che non trovano parole, momenti in cui cerchiamo le parole giuste, le metafore, le immagini che ci aiutino.
Stiamo cercando qualcosa, qualcuno che possa mediare lo stato d’animo, accompagnarci nella ricerca…
L’arte è la mediazione: il fare arte, il contatto con i materiali, il gesto, le forme esprimono ciò che il corpo sa prima che qualcosa diventi chiaro per l’io e l’oggetto artistico è lì per testimoniarci e dialogare con noi. Noi con noi stessi e con l’altro.
Il fare creativo facilita la comunicazione e la relazione attraverso un linguaggio diverso dalle parole: immaginale, poetico, artistico. Un linguaggio che nutre, attraverso i doni dell’esperienza, dell’empatia estetica chi fa e chi fruisce.
Quando facciamo arte ci troviamo a cercare il giusto medium con cui entrare in relazione perché ciò che ci muove dall’interno possa essere espresso, presentato, rappresentato. Combattiamo con il medium, dialoghiamo con il medium. Lo corteggiamo, fatichiamo fino ad arrivare alla forma possibile, all’oggetto artistico -bidimensionale o tridimensionale- che, testimone del nostro esistere, si presta a diventare interlocutore conosciuto e sconosciuto insieme, punto di arrivo e punto di partenza nella continuità del processo creativo.
Quando invece incontriamo l’opera d’arte entriamo in un’oscillazione tra appartenere e essere altro: l’oggetto ci raggiunge, ci tocca e muove, ci incanta, rattrista, riempie di gioia, trasforma. Ci contiene e viene contenuto. Ci interroga e viene interrogato. Ci sembra creato per noi soli. Diviene, grazie allo sforzo di chi l’ha creato, modello simbolico per qualcosa che attendeva silenzioso in noi di essere svegliato. Un’opera d’arte ci tocca perché risveglia ciò che il corpo sa prima della mente, raggiungendo una parte di noi venuta ad essere quando la relazione era pura sintonia. Non verbale non corrisponde a senza significato ma alla presenza di un senso incarnato che è ancora in noi profondo e in attesa di essere riconosciuto.
Un senso di sé, un luogo che si costruiscono quando le parole non ci sono ancora e coincidono con la sensazione di emergere alla vita, con un processo, fatto di qualità sfuggenti dinamiche con un inizio, un apice, un decrescere; qualcosa come: fluttuare, svanire, esplodere, gonfiarsi, affrettato, rilassato, lieve, oscillante…un magazzino di sensi e semi di significato
Solo la poesia, l’arte, la musica e la danza hanno un linguaggio che può avvicinarsi a questo “magazzino” che si rinnova e cresce con continuità, un magazzino che è la culla dell’arte e della comunicazione più profonda. Da questo luogo, dal momento in cui lo abitiamo creando, possiamo metterci in viaggio per trovare parole nuove, forse grezze ma anche le uniche possibili in un certo momento e lasciare spazio a pensieri diversi, da addomesticare.
Questa è la base su cui poggia l’arte terapia. Tanto individuale che di gruppo.